di Monica Campani intervista ad Adria Gauni e Tamara Ermini
Perché proprio in Burkina Faso? Adria Gauni risponde con una battuta che ha il significato di "Perché no?"
"Perché in Burkina Faso? Perché in Brasile le scuole a dicembre sono chiuse. Rispondo sempre con questa battuta, a chi mi chiede perché ho scelto il Burkina Faso, per i progetti di solidarietà che io, la mia amica Tamara Ermini e la nostra bella brigata di amici, portiamo avanti ormai da 5 anni. Nel dicembre 2006, con un po’ di tempo a disposizione, con la complicità di uno di quei preti che ci piacciono, di quelli che si sporcano le mani, pensai fosse arrivato il momento di dare corpo a quel desiderio che avevo fin da parecchio più giovane: fare un’esperienza in uno di quei Paesi che con tanta disinvoltura chiamiamo “del Terzo mondo”, come se di mondi non ce ne fosse uno solo, incasinato e meraviglioso".
"Si prospettava il Brasile, ma ci si accorse all’ultimo momento che sarei arrivata troppo tardi in questa scuola per bambini di strada, praticamente in tempo per la chiusura. All’ultimo momento, il Burkina Faso. Morale della favola, sono appena tornata dal sesto viaggio. Passai, la prima volta, un mese nell’ orfanotrofio di Gouiloungou, un microvillaggio non lontano dalla capitale del Burkina Faso, Ougadougou , che ospitava allora 110 bimbi, da pochi giorni di vita ai 13-14 anni".
"Imparai che di tutte le convinzioni con le quali avevo riempito la valigia, potevo farne un bel falò. Imparai la fierezza delle donne burkinabè e la loro capacità di accogliere, imparai a rallentare, imparai a cercare i terreni comuni, quelli che fanno di noi solo uomini in cammino, e a benedire la diversità che arricchisce, imparai ad ascoltare e basta quello che non capivo, imparai la gioia delle piccole cose, imparai a gestire la rabbia per questo mondo iniquo e storto, e farla diventare azioni al ritorno. Tamara e gli altri si buttarono come me a capofitto nell’impresa di mettere insieme energie, amici e risorse per fare l’unica cosa possibile: migliorare, anche di poco, le condizioni di vita dei ragazzi che avevamo incontrato, e dare loro l’opportunità di averla, un’opportunità".
Il lavoro di questo gruppo non si ferma al ritorno in Valdarno. Anzi. Inizia con le tante iniziative che continuano a portare avanti in favore di quelle popolazioni ed in vista di un loro futuro viaggio.
"Abbiamo fatto sottoscrizioni, cene di solidarietà, concerti, lotterie, dimostrando che davvero non c’è bisogno di grandi apparati per attivarsi. In cinque anni, ne abbiamo fatte di cose, senza pietismi e senza gli altri –ismi che non ci piacciono e che spesso servono solo a tenere fermo l’altro nella sua condizione di bisogno. Progetti piccoli, in collaborazione con altre associazioni, ma alla nostra portata, raggiungibili e soprattutto con lo scopo di percorrere la strada dell’autonomia delle realtà che abbiamo incontrato".
E di cose ne hanno realizzate davvero tante: il pollaio, la micro-piantagione di manghi a Gouiloungou, la costruzione di una palazzina per l’accoglienza dei piccoli a Dedougou, altro orfanotrofio nell’ovest del paese, la costruzione di pannelli fotovoltaici a Nounà, casa famiglia per bambini in difficoltà, lo start up della “fattoria” , dell’orto e dei campi sempre a Nounà.
"Oltre a questo, abbiamo una quindicina di adozioni a distanza attive, che speriamo di far crescere, soprattutto in questo anno, nel quale si prospetta per il paese e per i paesi confinanti una delle più feroci carestie degli ultimi decenni, data la scarsità dei raccolti 2011, per via della scarsità di pioggia dell’estate scorsa. Il prossimo progetto, sarà una piantagione di manghi a Dedougou, 150 piante, per il consumo, il mango è un frutto formidabile, ricco di vitamine come nessun altro, capace di sopperire alla piaga della malnutrizione, nemico pericoloso non meno della denutrizione, che espone a malattie le più diverse e rallenta lo sviluppo fisico e cognitivo, e per la vendita, per il quale sono necessari quasi 3.000 euro".
Ma non è tutto qui. Nelle prossime settimane nascerà l' associazione Val d'Africa.
"Mi piace concludere con una frase, semplice ma dirompente - conclude Adria Gauni - di Thomàs Sankarà, Capo di Stato del Burkina dall’83 al 15 ottobre ’87, quando fu ucciso perché il germe della dignità dei popoli africani che continuava a seminare era intollerabile prima di tutto per gli occidentali:“Non possiamo esimerci dalla ricerca ad oltranza della giustizia sociale”.
Il Valdarno dunque si mobilita grazie a persone che mettono in primo piano le esigenze degli altri, i bisogni di popolazioni che hanno necessità di tutto anche di quello che per noi uomini del 2012 può sembrare ovvio e superfluo. Persone che si impegnano perché nel cuore di bambini, donne e uomini possa nascere la speranza di un futuro migliore.
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